Studio Legale Silva

lunedì 3 settembre 2012

Licenziamento del bancario "infedele". (Fonte Sole 24 Ore)

Per il bancario «infedele» è legittima la sanzione disciplinare del licenziamento per giusta causa. A precisarlo la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta depositata lo scorso 1° agosto (presidente Perriera, relatore Catalano). Coinvolto un dipendente di una banca che avrebbe leso la fiducia dell'istituto di credito compiendo una serie di operazioni non consentite. In particolare, aveva aumentato il limite della propria carta di credito, non aveva valorizzato gli introiti alla chiusura di cassa, contabilizzando arbitrariamente delle somme che poi avrebbe prelevato dal cassetto.
Avviata un'ispezione, la banca invia al lavoratore una lettera di contestazione disciplinare, che poi sfocia nel licenziamento per giusta causa. Soccombente in primo grado, il bancario si vede respingere il ricorso anche in appello. In pratica, la Corte afferma di riconoscere la gravità del suo comportamento, che ha leso irrimediabilmente l'affidamento riposto dalla banca e dai clienti nella lealtà e correttezza del dipendente. Dunque, prosegue la sentenza, il licenziamento inflitto appare l'unico provvedimento disciplinare idoneo a sanzionare il comportamento del bancario, anche in considerazione della particolare posizione che egli ricopre all'interno della banca e della consapevolezza e conoscenza delle regole bancarie.
Inoltre, precisa l'estensore, la contestazione disciplinare deve ritenersi tempestiva perché non solo è intervenuta a meno di un mese dall'accertamento ispettivo, ma rientra nel potere disciplinare del datore di lavoro quello di contestare una serie di atti convergenti in un'unica condotta da valutarsi in maniera globale e unitaria, anche se risalenti nel tempo (Cassazione 15649/2010). Infine, anche il principio di proporzionalità della sanzione applicata appare legittimo poiché la valutazione della sua sussistenza va operata con riferimento non già ai fatti astrattamente contestati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del rapporto, alla posizione delle parti, al grado dell'affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata oggettiva dei fatti stessi. Del resto, tali connotati – specialmente l'elemento fiduciario – assumono il massimo rilievo nel lavoro bancario e vanno considerati con rigore, a prescindere dal verificarsi di un effettivo danno patrimoniale.
Una pronuncia che ricorda la sentenza n. 2013/2012 per cui, con riferimento al principio di necessaria proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, l'inadempimento idoneo a giustificare il licenziamento è identificabile in ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali. Nella vicenda, tuttavia, il bancario contesta la sanzione disciplinare applicata, dato che il lavoratore era stato comunque sottoposto a verifiche periodiche da cui non era emersa alcuna anomalia.

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