Per il bancario «infedele» è legittima la sanzione disciplinare del
licenziamento per giusta causa. A precisarlo la sentenza della Corte di appello
di Caltanissetta depositata lo scorso 1° agosto (presidente Perriera, relatore
Catalano). Coinvolto un dipendente di una banca che avrebbe leso la fiducia
dell'istituto di credito compiendo una serie di operazioni non consentite. In
particolare, aveva aumentato il limite della propria carta di credito, non aveva
valorizzato gli introiti alla chiusura di cassa, contabilizzando arbitrariamente
delle somme che poi avrebbe prelevato dal cassetto.
Avviata un'ispezione, la
banca invia al lavoratore una lettera di contestazione disciplinare, che poi
sfocia nel licenziamento per giusta causa. Soccombente in primo grado, il
bancario si vede respingere il ricorso anche in appello. In pratica, la Corte
afferma di riconoscere la gravità del suo comportamento, che ha leso
irrimediabilmente l'affidamento riposto dalla banca e dai clienti nella lealtà e
correttezza del dipendente. Dunque, prosegue la sentenza, il licenziamento
inflitto appare l'unico provvedimento disciplinare idoneo a sanzionare il
comportamento del bancario, anche in considerazione della particolare posizione
che egli ricopre all'interno della banca e della consapevolezza e conoscenza
delle regole bancarie.
Inoltre, precisa l'estensore, la contestazione
disciplinare deve ritenersi tempestiva perché non solo è intervenuta a meno di
un mese dall'accertamento ispettivo, ma rientra nel potere disciplinare del
datore di lavoro quello di contestare una serie di atti convergenti in un'unica
condotta da valutarsi in maniera globale e unitaria, anche se risalenti nel
tempo (Cassazione 15649/2010). Infine, anche il principio di proporzionalità
della sanzione applicata appare legittimo poiché la valutazione della sua
sussistenza va operata con riferimento non già ai fatti astrattamente
contestati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del
rapporto, alla posizione delle parti, al grado dell'affidamento richiesto dalle
specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata oggettiva dei fatti
stessi. Del resto, tali connotati – specialmente l'elemento fiduciario –
assumono il massimo rilievo nel lavoro bancario e vanno considerati con rigore,
a prescindere dal verificarsi di un effettivo danno patrimoniale.
Una
pronuncia che ricorda la sentenza n. 2013/2012 per cui, con riferimento al
principio di necessaria proporzionalità fra fatto addebitato e recesso,
l'inadempimento idoneo a giustificare il licenziamento è identificabile in ogni
comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia
del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si
risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali. Nella vicenda, tuttavia, il
bancario contesta la sanzione disciplinare applicata, dato che il lavoratore era
stato comunque sottoposto a verifiche periodiche da cui non era emersa alcuna
anomalia.
Nessun commento:
Posta un commento