Studio Legale Silva

mercoledì 17 aprile 2013

Considerazioni sulla riforma Fornero.



Ecco un interessante articolo tratto daLa Voce” del 12/04/2013.

I dati sui licenziamenti nell’ultimo trimestre del 2012 sono drammatici. L’aumento dei licenziamenti dipende dall’entrata in vigore della legge Fornero? L’analisi suggerisce che è dovuto alla congiuntura. Mentre è ascrivibile alla riforma il forte calo delle assunzioni nel parasubordinato.

POCHI DATI DAL MINISTERO

I dati sui licenziamenti nell’ultimo trimestre del 2012 sono drammatici. Molti commenti hanno sottolineato come sarebbero attribuibili alla riforma Fornero che ha modificato la disciplina dei licenziamenti. In effetti, le riforme che riducono il grado di protezione dell’impiego durante le recessioni finiscono per aumentare i licenziamenti come mostra un’ampia casistica internazionale. Ma siamo sicuri che sia così nel nostro paese? Come sempre, siamo contrari ai processi sommari e allora siamo andati alla ricerca di dati che ci permettano di verificare se l’atto d’accusa nei confronti del ministro del Lavoro dimissionario è supportato dalle informazioni sin qui disponibili.
Purtroppo, il ministero del Lavoro è stato molto parco nel rilascio dei dati. Ad esempio, non ha fornito alcun dettaglio sulla natura dei licenziamenti e sulla dimensione delle imprese che hanno licenziato. La prima informazione è disponibile dalle comunicazioni obbligatorie che riceve dai datori di lavoro. La seconda non lo è, ma è possibile risalire alla dimensione di impresa semplicemente incrociando i dati delle comunicazioni obbligatorie con quelli dell’Inps. Guardare a cosa succede alle imprese sopra e sotto i 15 dipendenti è molto utile.
La riforma dell’articolo 18, infatti, non dovrebbe aver avuto alcun effetto sulle imprese più piccole, non soggette al regime della cosiddetta reintegra (tutela reale). Quindi comparando ciò che è successo ai licenziamenti sopra e sotto la soglia dei 15 dipendenti si può isolare l’effetto della riforma Fornero separandolo da quello (che ha colpito sia le piccole che le grandi imprese) della recessione. Un altro modo per controllare per gli effetti della crisi consiste nel guardare all’andamento dei licenziamenti individuali (il cui regime è stato modificato dalla riforma) rispetto a quelli collettivi (il cui regime non è cambiato). Purtroppo, anche questo dato non viene fornito dal ministero. Una omissione davvero molto grave. Tra l’altro il servizio statistico al ministero non dà segni di vita. Al numero di telefono apposito non c’è risposta.

LICENZIAMENTI COLLETTIVI E INDIVIDUALI

Per fortuna, qualche Osservatorio sul mercato del lavoro che ha un ben diverso atteggiamento verso l’informazione statistica, pubblica dati sui licenziamenti per tipologia. La tabella qui sotto compara l’andamento dei licenziamenti collettivi e dei licenziamenti individuali in Veneto nei primi sei mesi e nei secondi sei mesi del 2011 e del 2012. La legge Fornero è entrata in vigore a luglio 2012.
Come si vede, dopo l’entrata in vigore della legge c’è stato un aumento sia dei licenziamenti collettivi che di quelli individuali, ma l’incremento percentuale dei primi è stato nettamente più alto: attorno al 50 per cento contro il 20 per cento di quelli individuali. Anche nel 2011 c’era stato un incremento di entrambi i tipi di licenziamenti, ma più o meno della stessa entità (attorno all’11 per cento sia per i licenziamenti individuali che per quelli collettivi). Risultati analoghi si ottengono concentrandosi sui soli licenziamenti da contratti a tempo determinato e indeterminato oppure guardando ai flussi in ingresso nelle liste di mobilità per tipologia di licenziamento. I licenziamenti che sono cresciuti di più nella seconda parte del 2012 sono i licenziamenti collettivi.
Quindi sembrerebbe che sia la congiuntura negativa la vera responsabile del loro aumento, non certo la legge Fornero. Ovviamente sarebbe utile ripetere la stessa analisi su scala nazionale. Speriamo che il ministero, anche dopo la pubblicazione di questo articolo, ce ne dia la possibilità.

Licenziamenti lavoratori dipendenti (tempo indeterminato + tempo determinato + apprendisti + somministrazione) (solo Veneto)

2012
I semestre
II semestre
Variazione
Licenziamenti individuali
26.695
32.110
20,28%
Licenziamenti collettivi
2.327
3.472
49,20%



(-28,92%)
2011



Licenziamenti individuali
25.285
28.146
11,32%
Licenziamenti collettivi
3.910
4.371
11,79%



(-0,49%)
*Nota = licenz. giusta c. + licenz. individuale + dimiss. giusta c. + licenz. motivo sogg + licenz. motivo ogg + int. per prova

ASSUNZIONI IN CALO

La riforma Fornero sembra invece avere avuto effetti pronunciati (e negativi) sul lato delle assunzioni.
Lo si evince comparando la dinamica delle assunzioni nei contratti di lavoro parasubordinato (resi più costosi e più difficili dalla legge) con le assunzioni nei contratti di lavoro a tempo determinato e indeterminato. L’informazione per fortuna è resa disponibile da un network di regioni che rappresentano i due terzi del mercato del lavoro nazionale e quindi possiamo contare in questo caso su dati più rappresentativi. La tabella qui sotto applica la stessa metodologia utilizzata per i licenziamenti (analisi di differenze nelle differenze). Ci dice che c’è stato un forte calo delle assunzioni nel parasubordinato e nell’intermittente attribuibile alla riforma Fornero. Le assunzioni in questi contratti sono infatti diminuite quasi del 40 per cento nella seconda parte del 2012, contro un calo del “solo” 6 per cento per le assunzioni nei contratti a tempo determinato e indeterminato. Nel 2011 era avvenuto esattamente l’opposto.

Assunzioni (nazionale)

2012
I semestre
II semestre
Variazione
Parasubordinato + intermittente + somministrazione
1.028.896
760.959
26,04%
Contratti a tempo determinato e indeterminato
2.035.094
1.905.473
-6.37%




2011



Parasubordinato + intermittente + somministrazione
978.544
943.630
-3,57%
Contratti a tempo determinato e indeterminato
2.079.154
1.954.916
-5,98%




Regioni considerate: Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Sardegna, Campania, Trento e Bolzano.

La riforma Fornero contribuisce così a ridimensionare alcune figure contrattuali che, prima della sua entrata in vigore, continuavano a crescere nonostante la crisi o, comunque, diminuivano di meno di altre tipologie. Tra queste il lavoro a chiamata (o job-on-call), le associazioni in partecipazione e i contratti a progetto, ma senza che a questa distruzione di posti precari abbia corrisposto la creazione di posti a maggiore stabilità.
Il problema è che la legge Fornero non ha creato alcun percorso di stabilizzazione che offra al datore di lavoro un’alternativa ai contratti di lavoro precari in essere. In questo senso, la legge Fornero ha contribuito a peggiorare l’andamento dell’occupazione. Ma agendo sulle assunzioni piuttosto che sui licenziamenti.

venerdì 5 aprile 2013

Contratto a progetto nei call center, circolare del Ministero. | Studio Legale Silva

Il Ministero del lavoro, con circolare n°14 dello scorso 2 aprile 2013, fornisce alcuni chiarimenti sull’utilizzo dello strumento del contratto a progetto nei call-center.

In particolare la circolare precisa i limiti di applicabilità del lavoro a progetto nel settore dei call-center, limiti come noto essenzialmente legati alla introduzione, da parte della contrattazione collettiva, di corrispettivi minimi per i lavoratori impegnati in tale settore. Inoltre, la circolare si sofferma anche sulle disposizioni volte a contrastare il fenomeno della delocalizzazione dei call-center nei Paesi comunitari ed extracomunitari.

Il Legislatore ha introdotto recentemente, con l’art. 24 bis del D.L. n. 83/2012 (conv. da L.n. 134/2012), una specifica disciplina del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto nel settore dei call-center.

Gli interventi hanno inciso, da un lato, sui requisiti necessari per la stipula del contratto e,dall’altro, sulle conseguenze legate ad una “delocalizzazione” delle attività. Proprio su tali aspetti sono fornite indicazioni operative dalla circolare, soprattutto in considerazione del fatto che detti interventi incidono sulla stessa legittimità di ricorso alla co.co.pro. qualora abbia ad oggetto una “attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call-center outbound”.

La circolare, in merito ai cd. call center outbound, fa riferimento alle indicazioni fornite con circ. n. 17/2006, con la quale sono stati forniti i criteri di legittimo utilizzo del contratto di collaborazione a progetto nel settore dei call-center.

Sono definiti call center outbound quelli nei quali “il compito assegnato al collaboratore è quello di rendersi attivo nel contattare, per un arco di tempo predeterminato, l’utenza di un prodotto o servizio riconducibile ad un singolo committente”. Ciò a differenza di quanto avviene nell’inbound, in cui “l’operatore non gestisce (…) la propria attività, né può in alcun modo pianificarla giacché la stessa consiste prevalentemente nel rispondere alle chiamate dell’utenza, limitandosi a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie psicofisiche per un dato periodo di tempo”.

La circolare inoltre tratta delle deroghe in ordine alla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 61, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003 (appunto sulla norma del contratto a progetto) e, sul ruolo della contrattazione collettiva, o meglio, sulla speciale funzione “autorizzatoria” della collaborazione coordinata e continuativa, prescindendo quindi dal requisito della predisposizione di un progetto specifico, data dal prevedere, da parte del committente, la corresponsione di un corrispettivo non inferiore a quello definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento.

Infine, la circolare fornisce indicazioni, in ossequio a quanto previsto dalla legge di riforma del mercato del lavoro, sulla delocalizzazione dei call center con almeno venti dipendenti.

martedì 2 aprile 2013

Detassazione produttività 2013 su straordinari, lavoro notturno e festivo. | Studio Legale Silva

Detassazione produttività 2013 su straordinari, lavoro notturno e festivo. | Studio Legale Silva


(fonte: job fanpage del 31/01/2013)
Anche per l’anno 2013, approvata la detassazione di salari di produttività. Imposta sostitutiva al 10% sulle retribuzione legate agli incrementi di produzione. Per ottenere l’agevolazione, nel limite di 2.500 euro, necessario un reddito di 40.000 euro lordi, certificato nel modello Cud. Vediamo anche uno storico sulla detassazione negli anni 2012, 2011, 2010 ed il recupero Irpef per il biennio 2009-2008.
Il Presidente del Consiglio Monti con il D.P.C.M. 22 gennaio 2013 ha decretato il prolungamento anche nel 2013 delle misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro nel 2013. La legge di stabilità 2013 ha infatti definito un importante ammontare di risorse pubbliche da destinare alla detassazione dei salari di produttività per l’anno 2013.
Complessivamente sono stati stanziati 950 milioni di euro nel 2013 e 400 milioni di euro nel 2014. Il decreto stabilisce che le somme erogate a titolo di retribuzione di produttività sono soggette a un’imposta del 10%. Il reddito da lavoro dipendente oggetto dell’agevolazione è quello fino a 40 mila euro lordi annui.
L’Iter che ha portato alla detassazione 2013. Il 21 novembre del 2012 c’era stato l’accordo sulle “Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia”. Le parti sociali quindi avevano raggiunto l’accordo per il rilancio della produttività nel paese italiano e nell’accordo le parti stipulanti chiedevano al Governo e al Parlamento di rende stabili e certe le misure previste dalle disposizioni di legge per applicare, sui redditi da lavoro dipendente fino a 40.000 euro lordi annui, la detassazione del salario di produttività attraverso la determinazione di un’imposta, sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, al 10%”. Il Governo ha ascoltato le volontà delle parti sociali e, prima con la legge di stabilità 2013 e poi con il D.P.C.M. del 22 gennaio 2013, ha rilanciato la detassazione per il 2013, ovviamente nel limite delle risorse disponibili, già descritte.
L’imposta sostitutiva del 10%. L’agevolazione concessa alle imprese, ed ai lavoratori contribuenti, consiste quindi nell’applicazione di una imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 10%. Pertanto i lavoratori pagano il 10% di imposta sostitutiva in luogo delle aliquote Irpef previste per scaglioni di reddito dal TUIR. Aliquote che vanno dal 23% per i redditi fino a 15.000 euro, al 27% per la parte di reddito che va da 15.000,01 a 28.000 euro, al 38% per la parte di reddito che va da 28.000,01 a 55.000 euro, al 41% per la parte di reddito che va da 55.000,01 a 75.000 euro, al 43% per la parte di reddito oltre 75.000 euro.
Pagare il 10% in luogo di queste percentuali molto più alte, è ovviamente importante. Si tratta di una importante agevolazione fiscale, che consente ai lavoratori di ottenere un netto in tasca decisamente superiore sulle prestazioni di lavoro aggiuntive effettuate per effetto degli incrementi di produttività. Il pagamento di una imposta al 10%, e quindi un risparmio sull’Irpef del 13% o 7% o anche più, oltre al compenso maggiorato per la prestazione di lavoro straordinario, ad esempio, consentono un incasso maggiore per il lavoratore in termini di stipendio netto.
Solo settore privato e lavoratori con reddito non superiore a 40.000. L’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10% per la detassazione di straordinari, lavoro notturno, ed elementi legati all’incremento di produttività, trova applicazione con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore nel medesimo anno 2012, a 40.000 euro, al lordo delle somme assoggettate nel medesimo anno 2012 all’imposta sostitutiva, sempre la produttività ma per l’anno 2012. Nel 2012 il reddito era di 30.000 euro.
Limite a 2.500 euro lordi di retribuzione detassata. La retribuzione di produttività individualmente riconosciuta che può beneficiare dell’imposta sostitutiva, non può comunque essere complessivamente superiore, nel corso dell’anno 2013, ad euro 2.500 lordi di retribuzione percepita, nell’anno 2012. Ne consegue quindi che tutti gli elementi di incremento della produttività legati alla detassazione, come ad esempio il lavoro notturno, straordinario, festivo, ecc., non possono superare la retribuzione di 2.5000 euro annui lordi. O meglio, fino a 2.500 euro godono dell’agevolazione fiscale dell’imposta sostitutiva al 10% (in luogo dell’Irpef che come minimo è al 23% e poi sale la percentuale per scaglioni di reddito). Oltre si applicano le normali aliquote Irpef del 23% fino
Retribuzione di produttività: le linee guida del Governo. L’art. 2 del D.P.C.M. 22 gennaio 2013 definisce la retribuzione di produttività e stabilisce quali tipologie di incrementi di produttività sono oggetto dell’agevolazione fiscale: “Ai fini dell’applicazione del regime fiscale agevolato (imposta sostitutiva al 10%), per retribuzione di produttività si intendono le voci retributive erogate, in esecuzione di contratti, con espresso riferimento ad indicatori quantitativi di produttività /redditività /qualità /efficienza/innovazione, o, in alternativa, le voci retributive erogate in esecuzione di contratti che prevedano l’attivazione di almeno una misura in almeno tre delle aree di intervento di seguito indicate:

·         ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione con modelli flessibili, anche in rapporto agli investimenti, all’innovazione tecnologica e alla fluttuazione dei mercati. finalizzati ad un più efficiente utilizzo delle strutture produttive idoneo a raggiungere gli obiettivi di produttività convenuti mediante una programmazione mensile della quantità e della collocazione oraria della prestazione;
·         introduzione di una distribuzione flessibile delle ferie mediante una programmazione aziendale anche non continuativa delle giornate di ferie eccedenti le due settimane;
·         adozione di misure volte a rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare l’attivazione di strumenti informatici, indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative;
·         attivazione di interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle competenze, anche funzionali a processi di innovazione tecnologica.
Procedimento e monitoraggio dei datori di lavoro: i contratti stipulati da depositare alla DTL. L’art. 3 stabilisce quale è il procedimento per ottenere la detassazione per gli incrementi di produttività: “Al fine di consentire il monitoraggio dello sviluppo delle misure di cui al presente decreto e la verifica di conformità degli accordi alle disposizioni del presente decreto, i datori di lavoro provvedono a depositare i contratti presso la Direzione territoriale del lavoro territorialmente competente entro trenta giorni dalla loro sottoscrizione, con allegata autodichiarazione di conformità dell’accordo depositato alle disposizioni del presente decreto”. Pertanto è necessario provvedere a degli adempimenti amministrativi per avere diritto alla detassazione.
La detassazione produttività nel 2012
Detassazione produttività 2012. Nell’anno 2012 vengono introdotte importanti novità per la detassazione del lavoro straordinario, notturno, ecc. e gli incrementi di produttività aziendali, certificati nel modello Cud 2012 relativo ai redditi del 2011. Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2012, sono stati stabiliti i “Limiti di applicabilità della detassazione del salario di produttività per l’anno 2012”.
Più precisamente con il D.P.C.M. fu stabilito che “Per il periodo dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2012, sono prorogate le misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro previste dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126. Tali misure trovano applicazione entro il limite di importo complessivo di 2.500 euro lordi, con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore, nell’anno 2011, a 30.000 euro, al lordo delle somme assoggettate nel medesimo anno 2011 all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 2 del citato decreto-legge n. 93 del 27 maggio 2008”.
Quali sono le novità rispetto al 2011. In sostanza, rispetto all’anno precedente, detassazione 2011 di cui parleremo, furono stabilite una serie di variazioni, ossia le seguenti:

·         l’importo massimo agevolabile delle retribuzioni passa da 6.000 annue a sole 2.500 annue;
·         accesso al beneficio solo per i possessori di un reddito non superiore a 30.000 euro nell’anno 2011 (e non più 40.000 euro);
·         Detassazione produttività applicabile solo nel settore privato.
Ovviamente anche per questo anno 2012 si trattava di una imposta sostitutiva al 10% in luogo dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali. L’aliquota agevolata al 10% non è mai cambiata dal 2008 in poi. Il decreto proroga le misure sperimentali previste nell’anno 2011, anno in cui avvengono sostanziali cambiamenti che ora vediamo.
Detassazione straordinario lavoro notturno e produttività 2011
L’anno 2011 è l’anno in cui vengono introdotti nuovi requisiti per la detassazione, rispetto al biennio precedente di lancio della detassazione del lavoro straordinario, notturno, festivo o supplementare che dà luogo ad incrementi di produttività delle aziende interessate all’agevolazione. L’imposta sostitutiva è sempre del 10% in luogo di Irpef ed Addizionali, con riferimento ai redditi del 2010, ma la circolare n. 3 dell’Agenzia delle Entrate introduce le seguenti novità:
·         L’erogazione scatta in presenza di uno specifico accordo o contratto collettivo territoriale o aziendale, della cui esistenza il datore di lavoro, su richiesta, dovrà fornire prova;
·         l’innalzamento del limite a 40.000 euro lordi del reddito da lavoro dipendente del 2010, cioè dell’anno precedente previsto per poter beneficiare dell’agevolazione dell’imposta sostitutiva del 10% sui compensi 2011 erogati per incrementi di produttività. Negli anni precedenti il limite era di 35.000 euro.
·         le somme attestate nel modello CUD, consegnato al lavoratore dal datore di lavoro entro il 28 febbraio dell’anno dopo all’erogazione dei compensi, siano correlate alla decisione aziendale di incrementare produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, in relazione a risultati riferibili all’andamento economico o agli utili dell’impresa.

Oltre alle ore di lavoro straordinario, alle ore di lavoro supplementare nel caso di part time, alle ore di lavoro notturno e a quelle di lavoro festivo, sono detassabili anche le indennità di turno o le maggiorazioni retributive corrisposte per una diversa articolazione dei turni per incrementi di produttività. Resta invariato invece, rispetto all’anno precedente, il limite complessivo di 6.000 euro lordi assoggettabili ad imposta sostitutiva 10%.
Per verificare le somme relative alla detassazione, il lavoratore può consultare il modello Cud. Nel CUD 2011 ai punti 93 e 94 ci sono rispettivamente il totale redditi assoggettato e l’imposta sostitutiva calcolata e trattenuta nelle buste paga (ritenute operate). E quindi nel CUD si può verificare se il datore vi ha applicato l’agevolazione fiscale. E quando è necessario utilizzare il modello 730.
La detassazione produttività nel 2010 e nel modello cud del biennio 2009-2008
Detassazione produttività nel 2010. Per i redditi del 2009, la condizione essenziale per poter assoggettare ad imposta sostitutiva del 10% i compensi per incrementi di produttività dell’anno 2010, è che il reddito di lavoro dipendente dell’anno 2009 sia inferiore a 35.000 euro. E per la valutazione in merito al superamento del limite nell’anno 2009 bisognava includere nel totale anche i redditi che nell’anno precedente sono riferiti ad incrementi di produttività.
Nel 2009, l’imposta sostitutiva del 10% sugli straordinari, sul lavoro notturno, festivo e supplementare, poteva essere applicata entro il limite di 6.000 euro di retribuzione percepita per lo svolgimento di tali prestazioni di lavoro legate all’incremento di produttività.
Il lavoratore può evincere le somme relative al reddito assoggettato ad imposta sostitutiva nell’anno 2009, ma anche per gli altri anni, nel modello Cud consegnato dal lavoratore.
Detassazione per gli anni 2008 e 2009. Quando fu lanciata l’agevolazione fiscale sulle somme per incremento di produttività, fu reso possibile recuperare le maggiori imposte pagate, ossia avere un rimborso Irpef, sui compensi per lavoro straordinario, festivo, lavoro notturno o supplementare (in caso di part-time) svolto negli anni 2008 e 2009. Era necessario al fine del recupero, avere da parte del datore di lavoro una certificazione nel modello Cud 2011. Questo a seguito di una circolare dell’Agenzia delle entrate.
La circolare n. 14 dell’Agenzia delle Entrate spiegò infatti che, per avere il rimborso per effetto della detassazione del lavoro notturno, straordinario, ecc., il lavoratore doveva avere certificato nel modello Cud 2011, esattamente nei punti 97 e 99, rispettivamente le somme erogate nel 2008 e nel 2009 sulle quali è stata applicata la tassazione ordinaria, più elevata. E sulla quale il lavoratore, usufruendo del modello 730 2011, aveva la possibilità di effettuare il recupero del credito Irpef. Tra l’altro sfruttando il vantaggio del modello 730, ossia il recupero in busta paga a luglio dei crediti Irpef.
Nel caso in cui nel modello Cud 2011 il datore di lavoro non aveva certificato al lavoratore le somme degli anni 2008 e 2009, ossia le retribuzioni legate agli incrementi di produttività di quegli anni, il lavoratore poteva operare il recupero della maggiore imposta pagata attraverso il modello Unico 2011 e non con il modello 730 del 2011, con la sostanziale differenza che il credito non era recuperabile in busta paga.