Introduzione
di nuove tasse per le aziende che licenziano.
Una
imposizione che contribuirà da una parte a sminuire la convenienza della
cessazione del rapporto di lavoro per recesso da parte del datore, e dall'altra
parte a finanziare il complesso sistema degli ammortizzatori sociali, così come
revisionati dalla riforma Fornero.
Cosa è
la tassa sui licenziamenti. Quanto ribattezzato come “tassa” sui licenziamenti,
è un vero e proprio balzello che i datori di lavoro dovranno pagare per poter
chiudere il rapporto di lavoro con il proprio dipendente. Una tassa che cresce
al crescere dell'anzianità aziendale, e che potrebbe contribuire a rendere meno
favorevole l'opzione dell'interruzione del rapporto di lavoro, in aggiunta
all'attuale riformato schema dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Qualche
esempio: per licenziare un dipendente assunto 12 mesi prima, con una
retribuzione pari a 2.000 euro al mese, occorrerà emettere un assegno di 545
euro in favore dell'Inps. Questo, in caso di licenziamento individuale:
nell'ipotesi di licenziamento collettivo, invece, la tassa sarà ancora più
cara, con quantitativo pressochè triplicato.
Chi ha
potuto esaminare con attenzione il contenuto della riforma del lavoro e, in
particolare, il nuovo apparato degli ammortizzatori sociali, ben saprà che, in
estrema sintesi, l'importo della tassa cui aziende e, in generale, tutti i
datori di lavoro dovranno fare i conti, è pari al 50% dell'assegno mensile
della Aspi per anzianità di 12 mesi. Di fatti – procedendo con un nuovo esempio
– possiamo ricordare come un dipendente con 2.500 euro di retribuzione, che
venga lasciato a casa dopo 12 mesi di lavoro, riceverà un contributo Aspi pari
a 1.119 euro: il ticket che l'azienda dovrà pagare per la cessazione del
rapporto di collaborazione professionale sarà equivalente a 559,50 euro. Un rapporto
che, comunque, non sarà in evidenza sempre proporzionalmente fissato nella
percentuale di cui sopra: per l'azienda, infatti, la convenienza di cessare un
rapporto di lavoro diminuirà al crescere dell'anzianità di servizio.
Tutti
gli esempi. Esaminiamo ora, attraverso un principale schema di esempi, quanto
possa costare licenziare, e a quanto ammonti l'indennità Aspi per il dipendente
licenziato.
Partiamo
con il primo esempio, relativo a un dipendente con retribuzione mensile di
1.000 euro. In questo caso, l'indennità Aspi sarà pari a 750 euro. L'azienda,
per interrompere il rapporto con il suo dipendente, pagherà un ticket variabile
a seconda dell'anzianità del servizio: all'Inps andranno in tal modo 375 euro
(cioè, la metà dell'Aspi, come sopra individuata) per anzianità di 12 mesi, 750
euro per anzianità di 24 mesi, 1.125 euro per anzianità di 36 mesi e superiori.
Va peggio, come abbiamo già avuto modo di esaminare, per quelle aziende in
crisi che si trovano a dover procedere, loro malgrado, a licenziamenti
collettivi. In questo caso, infatti, il ticket è triplicato, passando a quota
1.125 euro, 2.250 euro e 3.375 euro rispettivamente per anzianità di 12 mesi,
24 mesi e 36 mesi.
Se la
retribuzione mensile è di 1.500 euro, l'Aspi a beneficio del lavoratore sarà
invece pari a 965 euro. Ne conseguirà una tassa sui licenziamenti pari a 482,50
euro per anzianità di servizio pari a 12 mesi, 965 euro per 24 mesi, 1.447,50
euro per 36 mesi o superiori. In caso di licenziamenti collettivo, invece, il
ticket sarà triplicato, con quote pari a 1.447,50 euro, 2.895 euro e 4.342,50
euro per anzianità rispettivamente pari a 12, 24 o 36 mesi.
Per
quanto concerne il lavoratore con una retribuzione mensile di 2.000 euro,
l'indennità Aspi ammonterà a quota 1.090 euro, a fronte di ticket per il
licenziamento (da corrispondere all'Inps) pari a 545 euro, 1.090 euro, 1.635
euro per anzianità di 12, 24 e 36 mesi, in grado di salire rispettivamente a
1.635 euro, 3.270 euro e 4.905 euro in caso di licenziamento collettivo.
Infine,
per quanto concerne la retribuzione mensile di 2.500 euro – a fronte della
quale il lavoratore otterrà un'indennità Aspi pari al massimale di 1.119 euro –
il ticket per l'impresa sarà pari a 559,50 euro, 1.119 euro e 1.678,50 euro in
caso di licenziamenti individuali dopo 12, 24 e 36 mesi, che saliranno
rispettivamente a 1.678,50 euro, 3.357 euro e 5.035,50 euro in caso di
licenziamenti collettivi.