Ecco un interessante articolo tratto da “La Voce” del 12/04/2013.
I dati sui licenziamenti nell’ultimo trimestre del
2012 sono drammatici. L’aumento dei licenziamenti dipende dall’entrata in vigore
della legge Fornero? L’analisi suggerisce che è dovuto alla congiuntura. Mentre
è ascrivibile alla riforma il forte calo delle assunzioni nel parasubordinato.
POCHI DATI DAL MINISTERO
I dati sui licenziamenti nell’ultimo
trimestre del 2012 sono drammatici. Molti commenti hanno sottolineato come
sarebbero attribuibili alla riforma Fornero che ha modificato la disciplina dei
licenziamenti. In effetti, le riforme che riducono il grado di protezione
dell’impiego durante le recessioni finiscono per aumentare i licenziamenti come
mostra un’ampia casistica internazionale. Ma siamo sicuri che sia così nel
nostro paese? Come sempre, siamo contrari ai processi sommari e allora siamo
andati alla ricerca di dati che ci permettano di verificare se l’atto d’accusa
nei confronti del ministro del Lavoro dimissionario è supportato dalle
informazioni sin qui disponibili.
Purtroppo, il ministero del Lavoro è stato
molto parco nel rilascio dei dati. Ad esempio, non ha fornito alcun dettaglio
sulla natura dei licenziamenti e sulla dimensione delle imprese che hanno
licenziato. La prima informazione è disponibile dalle comunicazioni
obbligatorie che riceve dai datori di lavoro. La seconda non lo è, ma è
possibile risalire alla dimensione di impresa semplicemente incrociando i dati
delle comunicazioni obbligatorie con quelli dell’Inps. Guardare a cosa succede
alle imprese sopra e sotto i 15 dipendenti è molto utile.
La riforma dell’articolo
18, infatti, non dovrebbe aver avuto alcun effetto sulle
imprese più piccole, non soggette al regime della cosiddetta reintegra (tutela
reale). Quindi comparando ciò che è successo ai licenziamenti sopra e sotto la
soglia dei 15 dipendenti si può isolare l’effetto della riforma Fornero
separandolo da quello (che ha colpito sia le piccole che le grandi imprese)
della recessione. Un altro modo per controllare per gli effetti della crisi
consiste nel guardare all’andamento dei licenziamenti individuali (il cui
regime è stato modificato dalla riforma) rispetto a quelli collettivi (il cui
regime non è cambiato). Purtroppo, anche questo dato non viene fornito dal
ministero. Una omissione davvero molto grave. Tra l’altro il servizio
statistico al ministero non dà segni di vita. Al numero di telefono apposito
non c’è risposta.
LICENZIAMENTI COLLETTIVI E INDIVIDUALI
Per fortuna, qualche Osservatorio sul mercato del lavoro che ha un
ben diverso atteggiamento verso l’informazione statistica, pubblica dati sui
licenziamenti per tipologia. La tabella qui sotto compara l’andamento dei
licenziamenti collettivi e dei licenziamenti individuali in Veneto nei primi sei mesi e nei secondi sei mesi
del 2011 e del 2012. La legge Fornero è entrata in vigore a luglio
2012.
Come si vede, dopo l’entrata in vigore della legge c’è stato un
aumento sia dei licenziamenti collettivi che di quelli individuali, ma
l’incremento percentuale dei primi è stato nettamente più alto: attorno al 50
per cento contro il 20 per cento di quelli individuali. Anche nel 2011 c’era
stato un incremento di entrambi i tipi di licenziamenti, ma più o meno della
stessa entità (attorno all’11 per cento sia per i licenziamenti individuali che
per quelli collettivi). Risultati analoghi si ottengono concentrandosi sui soli
licenziamenti da contratti a tempo determinato e indeterminato oppure guardando
ai flussi in ingresso nelle liste di mobilità per tipologia di licenziamento. I
licenziamenti che sono cresciuti di più nella seconda parte del 2012 sono i licenziamenti
collettivi.
Quindi sembrerebbe che sia la congiuntura negativa la vera
responsabile del loro aumento, non certo la legge Fornero. Ovviamente sarebbe
utile ripetere la stessa analisi su scala nazionale. Speriamo che il ministero,
anche dopo la pubblicazione di questo articolo, ce ne dia la possibilità.
Licenziamenti
lavoratori dipendenti (tempo indeterminato + tempo determinato + apprendisti +
somministrazione) (solo
Veneto)
2012
|
I semestre
|
II semestre
|
Variazione
|
Licenziamenti individuali
|
26.695
|
32.110
|
20,28%
|
Licenziamenti collettivi
|
2.327
|
3.472
|
49,20%
|
|
|
|
(-28,92%)
|
2011
|
|
|
|
Licenziamenti individuali
|
25.285
|
28.146
|
11,32%
|
Licenziamenti collettivi
|
3.910
|
4.371
|
11,79%
|
|
|
|
(-0,49%)
|
*Nota = licenz. giusta c. + licenz. individuale + dimiss. giusta
c. + licenz. motivo sogg + licenz. motivo ogg + int. per prova
ASSUNZIONI IN CALO
La riforma Fornero sembra invece avere avuto effetti pronunciati
(e negativi) sul lato delle assunzioni.
Lo si evince comparando la dinamica delle assunzioni nei contratti
di lavoro parasubordinato (resi più costosi e più difficili dalla
legge) con le assunzioni nei contratti di lavoro a tempo determinato e
indeterminato. L’informazione per fortuna è resa disponibile da un network di
regioni che rappresentano i due terzi del mercato del lavoro nazionale e quindi
possiamo contare in questo caso su dati più rappresentativi. La tabella qui
sotto applica la stessa metodologia utilizzata per i licenziamenti (analisi di
differenze nelle differenze). Ci dice che c’è stato un forte calo delle
assunzioni nel parasubordinato e nell’intermittente attribuibile alla riforma
Fornero. Le assunzioni in questi contratti sono infatti diminuite quasi del 40
per cento nella seconda parte del 2012, contro un calo
del “solo” 6 per cento per le assunzioni nei contratti a tempo determinato e
indeterminato. Nel 2011 era avvenuto esattamente l’opposto.
Assunzioni (nazionale)
2012
|
I semestre
|
II semestre
|
Variazione
|
Parasubordinato + intermittente + somministrazione
|
1.028.896
|
760.959
|
26,04%
|
Contratti a tempo determinato e indeterminato
|
2.035.094
|
1.905.473
|
-6.37%
|
|
|
|
|
2011
|
|
|
|
Parasubordinato + intermittente + somministrazione
|
978.544
|
943.630
|
-3,57%
|
Contratti a tempo determinato e indeterminato
|
2.079.154
|
1.954.916
|
-5,98%
|
|
|
|
|
Regioni considerate: Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli,
Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Sardegna, Campania, Trento e Bolzano.
La riforma Fornero contribuisce così a ridimensionare alcune
figure contrattuali che, prima della sua entrata in vigore, continuavano a
crescere nonostante la crisi o, comunque, diminuivano di meno di altre
tipologie. Tra queste il lavoro a chiamata (o job-on-call), le associazioni in
partecipazione e i contratti a progetto, ma senza che a questa distruzione di
posti precari abbia corrisposto la creazione di posti a maggiore stabilità.
Il problema è che la legge Fornero non ha creato alcun percorso
di stabilizzazione che
offra al datore di lavoro un’alternativa ai contratti di lavoro precari in
essere. In questo senso, la legge Fornero ha contribuito a peggiorare l’andamento
dell’occupazione. Ma agendo sulle assunzioni piuttosto che sui licenziamenti.
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