Studio Legale Silva

giovedì 2 maggio 2013

Brevi riflessioni sulla “giusta causa” di licenziamento.



Per poter licenziare un lavoratore dipendente si devono verificare specifiche situazioni che possono riguardare la condotta del lavoratore o la situazione in cui si trova l'azienda (Art. 1 Legge 15 luglio 1966, n. 604 - Legge 15 luglio 1966 n. 604 Norme sui licenziamenti individuali pubblicata nella G.U. n. 195 del 6 agosto 1966; art. 18 dello Statuto dei lavoratori, etc).
Alla condotta del lavoratore si riconducono le motivazioni per il licenziamento disciplinare, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, mentre alla situazione in cui si trova l’azienda si riconduce licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Il significato di giusta causa di licenziamento non è determinato esplicitamente dalla normativa vigente, dato che l'art. 2119 del Codice Civile si limita a definire in modo generico come giusta causa per il licenziamento quella che non consente la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro, cioè non consente neppure di proseguire il rapporto di lavoro per il periodo di preavviso.
Un fatto che determinata la giusta causa di licenziamento, inoltre, deve avere anche un'incidenza significativa sulla rottura del vincolo fiduciario tra azienda e lavoratore.
Il giudice può rilevare la giusta causa del licenziamento di un dipendente, secondo la giurisprudenza, se viene accertata in modo concreto e non come fatto astratto (in rapporto alla qualità e alla tipologia di vicolo di fiducia insito in quello specifico rapporto lavorativo) la specifica mancanza commessa dal dipendente, considerata e valutata sia nel suo contenuto obiettivo, ma anche nella sua portata soggettiva.
Secondo la Giurisprudenza oramai consolidata, “per stabilire in concreto l’esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta (licenziamento), stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare.
Incombe sul datore di lavoro l’onere della prova della realizzazione da parte del lavoratore del comportamento che integri una grave lacerazione degli elementi essenziali del rapporto ed, in particolare, di quello fiduciario. Peraltro tali elementi devono essere esplicitati dal datore di lavori sin nella primissima lettera di contestazione nei confronti del lavoratore.
Il datore di lavoro anche nel contratto di lavoro a tempo determinato può licenziare un dipendente prima della scadenza del contratto, ma di fatto solo pergiustificata causa o meglio, per giusta causa (art. 2119).
Ma cosa significa che la giusta causa va accertata in concreto? Significa che l'accertamento deve presupporre una valutazione relativa alla sussistenza dell'impedimento alla immediata prosecuzione del rapporto di lavoro. Si tratta quindi di una valutazione non astratta, ma concreta, di tutti gli aspetti inerenti la natura e la qualità del singolo rapporto di lavoro tra datore e lavoratore, alla posizione delle parti in causa, alle mansioni svolte da dipendente, dal grado responsabilità richiesto, e anche dalla portata soggettiva del fatto commesso. Vengono quindi prese in considerazione anche i tempi, le circostanze e i motivi che hanno portato al verificarsi del fatto, e l'intenzionalità o meno del fatto stesso.
Può essere imputabile ad un dirigente, ma anche da un impiegato con mansioni non direttive e senza grandi responsabilità, o ad un operaio come ad esempio un addetto alle pulizie, seppur meno grave, per il quale, di regola, tale vincolo di fiducia non è così intenso.
Ai fini della sussistenza della giusta causa di licenziamento, nel caso in cui il comportamento del dipendente abbia determinato il venir meno del requisito della fiducia, secondo la giurisprudenza è irrilevante l'assenza o la modesta entità di un danno patrimoniale a carico del datore di lavoro. È infatti sufficiente che il lavoratore dipendente abbia determinato una situazione di pericolo obiettivo di danno, purché questo sia di concreto rilievo.
Sono accertati abbastanza uniformemente dalla giurisprudenza come motivo di licenziamento per giusta causa, i casi di furto a danno del datore di lavoro, l'ingiuria grave, l'insubordinazione, la rissa, l'abbandono ingiustificato del servizio, la divulgazione di segreti aziendali.
Sempre secondo la giurisprudenza, possono costituire giusta causa di licenziamento, in alcuni casi, anche i comportamenti tenuti dal lavoratore al di fuori dall'attività lavorativa. Questo avviene solo nel caso in cui questi fatti, per via della loro natura e gravità, si possano riverberare sul rapporto lavorativo e possano evidenziare, tra l’altro, la totale inaffidabilità professionale del lavoratore a svolgere le sue mansioni lavorative. Ad esempio, la condanna per furto, compiuto fuori dal lavoro, di una centralinista che lavora in banca non giustifica un licenziamento per giusta causa, mentre potrebbe integrare i motivi di licenziamento per giusta causa di un cassiere.

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