Studio Legale Silva

martedì 27 marzo 2012


Licenziamento legittimo in caso di scarso rendimento

Sentenza Corte di Cassazione, 1 dicembre 2010, n. 24361

 
La disciplina del licenziamento, prevista nel nostro ordinamento, tende a garantire il lavoratore dal vedersi sollevato dal proprio incarico in modo immotivato, prevedendo, quindi, per il datore, che intenda piu’ avvalersi dell’opera del proprio dipendente, la procedura indicata dalla l. 604/1966, nonche’ dallo Statuto dei Lavoratori, pena l’illegittimita’ del provvedimento stesso. In base alla legge n. 604/1966, il licenziamento del prestatore puo’ avvenire per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c., requisito questo inteso come un gravissimo inadempimento del lavoratore.
Ai fini della sussistenza della giusta causa, si riconosce rilevanza anche ai fatti esterni al lavoro, ma esclusivamente nei limiti in cui siano tali da comportare violazione degli obblighi contrattuali del prestatore e ad incrinare il suo rapporto, incidendo, quindi, sulla fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti.
Il licenziamento è ammesso anche per giustificato motivo oggettivo e/o soggettivo. Il primo attiene a ragioni inerenti l’attivita’ produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento della stessa. In questo caso, quindi, sull’interesse del lavoratore al posto di lavoro prevalgono le esigenze tecniche ed economiche dell’impresa.
Il giustificato motivo soggettivo, invece, consiste in un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro e si distingue dalla giusta causa dal punto di vista quantitativo, perche’ si presenta come un inadempimento di minore gravita’ (assume rilevanza l’elemento della colpa o del dolo e vanno tenute in conto le concrete circostanze oggettive).
Con la Sentenza n. 24361 del 01.12.2010, la Suprema Corte ribadisce la necessita’ del requisito dell’immediatezza della contestazione, da intendersi in modo ampio e non restrittivo essendo questo principio compatibile con l’intervallo di tempo necessario al datore di lavoro per il preciso accertamento delle infrazioni commesse dal lavoratore. Inoltre, la stessa conferma l’ormai consolidato orientamento per cui e’ da considerarsi legittimo il licenziamento per scarso rendimento, quando, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attivita’ resa dal lavoratore stesso e qualora, dagli elementi prodotti dal datore di lavoro, risulti una evidente violazione della diligenza nella collaborazione dovuta dal dipendente, tanto piu’ se la sanzione sia stata preceduta da numerosi richiami e se la condotta negligente sia idonea a creare malumore nella unità produttiva, pur non cagionando un danno economico al datore di lavoro ne’ compromettendo la qualita’ di rendimento e capacita’ professionale dimostrate in precedenza. Tale licenziamento e’ normato dalla Legge n. 604 del 1966, in particolare all’art. 3, che sancisce la legittimita’ del licenziamento intimato per motivi che attengono al negligente inadempimento degli obblighi contrattuali esistenti in capo al lavoratore, tra cui quello di diligenza ai sensi dell’art. 2104 c.c., quale specificazione del principio generale di cui all’art. 1176 c.c., che si sostanzia sia nell’esecuzione della prestazione lavorativa secondo la particolare natura di essa, in relazione all’interesse del datore di lavoro ad un’utile risultato. Si tratta di un orientamento consolidato ( V. anche Cass. n. 1632 del 2009) con il quale la S.C. ribadisce, tra l’altro, come il datore di lavoro non possa limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua esigibilita’, ma, fornendo dettagliato e comprensibile richiamo ai criteri di confronto utilizzati per la valutazione.
Insomma un chiaro si al licenziamento per scarso rendimento , ma solo se le infrazioni del lavoratore sono tempestivamente contestate ed adeguatamente provate

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