Si ha cessione d'azienda o trasferimento d'azienda quando, in seguito a
operazioni quali cessione, fusione, affitto od usufrutto, cambia la titolarità
della azienda medesima.
L'art. 2112 del Codice Civile rubricato come 'Mantenimento dei diritti
dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda', e i suoi successivi Decreti
Legislativi, intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che
comporti un mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata.
La cessione può riguardare l'intera azienda o parte di essa e in questo
caso si parla di trasferimento di ramo d'azienda.
Il trasferimento di un ramo di azienda è diventato uno strumento molto
importante per le aziende che intendono attuare processi di ristrutturazione e
esternalizzazione, nonché per diminuire il personale aziendale in esubero
invece di avviare drastiche procedure di licenziamento.
Questo ultimo tipo di operazione è ammissibile solo se la parte di
azienda che si intende trasferire è funzionalmente autonoma al momento della
cessione o trasferimento, identificata come tale o dal cedente o dal
cessionario al momento del trasferimento (l’individuazione del ramo d’azienda
legittimamente trasferibile è tema molto controverso anche se ultimamente sembra
che la giurisprudenza abbia trovato delle interpretazioni costanti al riguardo).
Come detto, quando vi è la cessione dell'azienda (o di un ramo di essa)
cambia il titolare dell'attività e quindi cambia il datore di lavoro senza vi
sia la necessità o l’obbligo di ottenere il consenso dei lavoratori interessati.
La legge, quindi, tutela i lavoratori con diverse disposizioni specifiche,
prevedendo che:
- il rapporto di lavoro non si estingue, ma continua con il nuovo titolare dell'azienda;
- il lavoratore conserva tutti i diritti che aveva precedentemente ottenuto con il vecchio datore, retributivi, economici, previdenziali e di altra natura purché compatibili con il nuovo assetto contrattuale/organizzativo;
- il nuovo datore di lavoro è pertanto obbligato in solido con il vecchio titolare per la soddisfazione dei crediti sorti antecedentemente (art. 2112 C.C.);
- nel caso di stipulazione di un contratto d'appalto tra azienda d'origine e ramo trasferito, il lavoratore dipendente di questo ultimo può agire in giudizio direttamente nei confronti dell'azienda di origine per obbligarla al pagamento dei debiti che questa ha contratto con il ramo trasferito;
- il nuovo titolare deve continuare ad applicare il contratto collettivo nazionale, in vigore al momento del trasferimento. Se il nuovo datore applica un CCNL di tipo diverso si dovrebbe procedere all’operazione di “armonizzazione” relativamente ai lavoratori interessati;
- la cessione od il trasferimento d'azienda non può costituire un valido motivo di licenziamento;
Se la cessione si verifica in imprese che occupano più di 15 dipendenti,
è obbligatorio per il datore di lavoro avvertire con comunicazione scritta,
almeno 25 giorni prima, le rappresentanze sindacali. Queste possono avviare
procedure di verifica necessarie alla tutela dei lavoratori, per evitare che il
mancato rispetto della normativa possa eludere altri istituti contrattuali e di
legge, come le norme sullo Statuto del lavoratori, il collocamento dei disabili
e così via.
Tra le molte si può citare la Corte di Cassazione, nella Sentenza n°21711 del 4 dicembre 2012, in cui si precisa
che la cessione di ramo d'azienda può anche comportare la
"smaterializzazione" o "l'alleggerimento" delle strutture,
per esempio a causa delle innovazioni tecnologiche, ma comunque deve sussistere
una struttura aziendale apprezzabile, composta da detti contratti, prima della
cessione.
Circa il Tfr nell’ipotesi di cessione di azienda o di ramo d'azienda. La
Cassazione, ribadendo la natura di retribuzione differita del Tfr, sostiene che
in caso di cessione di ramo di azienda assoggettata al regime previsto
dall'articolo 2112 del Codice civile, il datore di lavoro cedente rimane
obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente, il cui rapporto prosegua
con il datore di lavoro cessionario, per la quota di trattamento di fine
rapporto maturata durante il periodo di rapporto con lui svolto e calcolato
fino alla data del trasferimento d'azienda. Viceversa, il datore di lavoro
cessionario è obbligato per questa stessa quota soltanto in ragione e nei
limiti del vincolo di solidarietà previsto dall'articolo 2112, comma 2. Infine,
conclude l'estensore, quest'ultimo, come datore di lavoro cessionario, è
l'unico obbligato al trattamento di fine rapporto quanto alla quota maturata
nel periodo del rapporto intercorso dopo il trasferimento di azienda.
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