Studio Legale Silva

martedì 19 febbraio 2013

I licenziamenti collettivi alla luce della riforma Fornero.



Le modifiche alla disciplina dei licenziamenti collettivi apportate dalla L.n°92/2012 o riforma del mercato del lavoro o riforma Fornero.

La L.n°92/2012, legge di riforma del mercato del lavoro, ha modificato in parte la disciplina dei licenziamenti collettivi. Tale istituto è disciplinato dalla L. 23 luglio 1991, n. 223 o legge sulla “procedura di mobilità”.

Come sappiamo, le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e/o nella cessazione dell’attività.

L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione.

Vi è una piccola differenza tra il concetto di “licenziamento collettivo” e quello di ricorso alla “procedura di mobilità”, ma di fatto essa è eminentemente sistematica e terminologica e, quindi, sostanzialmente di poco rilievo.

L’iter procedurale da seguire è disciplinato dall’articolo 4 della legge n.223 del 1991 che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (come detto, identica in caso di licenziamenti collettivi). I commi 44 e 45 dell’art. 1 della riforma Fornero, vanno a modificare proprio l’art. 4 L. 223/9, intervengono sulla procedura sindacale che deve seguire il datore di lavoro il quale intenda intimare licenziamenti collettivi, prevedendo:

  • che la comunicazione dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, che l’impresa deve effettuare nei confronti di determinati soggetti pubblici, avvenga non contestualmente (come prevede, attualmente, l’articolo 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991), bensì entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi a ciascuno dei lavoratori interessati (comma 1);
  • che gli eventuali vizi della comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle rispettive associazioni di categoria (con la quale inizia la procedura di licenziamento collettivo) sono sanabili, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della medesima procedura (comma 2).

Il comma 46 invece, va ad adeguare le conseguenze sanzionatorie dei licenziamenti illegittimi o inefficaci, intimati ai singoli lavoratori all’esito della procedura di licenziamento collettivo, al nuovo testo dell’articolo 18 della legge n.300 del 1970 (Statuto dei lavoratori) introdotto dalla riforma.

In particolare, si prevede che:

  • in caso di recesso intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio previsto dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 1, della legge n.300 del 1970 (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione, comunque non inferiore a 5 mensilità);
  • in caso di recesso intimato senza il rispetto della procedura sindacale prevista dall’articolo 4, comma 12, della legge n. 223 del 1991, si applica la tutela prevista per i licenziamenti economici dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 7, terzo periodo, della legge n.300 del 1970 (ossia indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale);
  • in caso di recesso intimato violando i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità (elencati dall’articolo 5 della legge n. 223 del 1991), si applica la tutela reale prevista dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 4, della legge n.300 del 1970 (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione, comunque non superiore a 12 mensilità).

Infine, si prevede che in tali ipotesi, ai fini dell’impugnazione dei licenziamenti, trovino applicazione le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge n. 604 del 1966.

Ciò significa che il licenziamento deve essere impugnato con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a manifestare la volontà del lavoratore, entro 60 giorni dalla sua comunicazione per iscritto, e che nei successivi 180 giorni debba essere depositato il ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o debba essere comunicata alla controparte la richiesta del tentativo di conciliazione.

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