Studio Legale Silva

lunedì 21 gennaio 2013

Il Caso - il dirigente licenziato a seguito dell’accorpamento della posizione di Direttore Generale con quella di Amministratore Delegato.



Da un articolo del “Sole 24 Ore”, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 890 del 16 gennaio 2013, ha puntualizzato che il licenziamento del dirigente è legittimo se l’azienda assegna la sua posizione organizzativa ad un altro soggetto, in questo caso all’Amministratore delegato, pur senza sopprimerla del tutto.
 La sentenza è interessante in quanto, tra l’altro, mette in evidenza la questione del parallelismo e dell’eventuale sovrapposizione delle funzioni e dei ruoli dei dirigenti apicali con quelli dei membri del consiglio d’amministrazione.
Pur non entrando eccessivamente nel merito, la decisione in commento presuppone che la funzione di massimo dirigente apicale (Direttore Generale) possa essere effettivamente e legittimamente adempiuta dall’Amministratore Delegato.
La cosa, evidentemente, è tanto più rilevante in quanto, a differenza del D.G., l’A.D. non è un lavoratore dipendente subordinato il cui rapporto con l’azienda non presuppone tutti i diritti, i privilegi e le tutele tipiche di un contratto dirigenziale.
 La Suprema Corte ha deciso relativamente ad un procedimento, instaurato da un dirigente che dapprima era stato assunto come direttore amministrativo, poi promosso a direttore generale e, infine, per un breve periodo insignito della carica di amministratore delegato.
Allo scadere del mandato come amministratore delegato, il dirigente era tornato alle mansioni di direttore generale, ma immediatamente dopo era stato licenziato.
L’azienda aveva giustificato il provvedimento espulsivo con la volontà di accorpare la posizione lavorativa di direttore generale con quella di amministratore delegato e di eliminare la prima.
Il dirigente impugnava il licenziamento in quanto riteneva immotivata la decisione aziendale, ma la Cassazione rigettava il ricorso, allineandosi con la decisione dei giudici di merito.
I Giudici ribadivano che il licenziamento del dirigente non deve trovare fondamento in una giusta causa o in un giustificato motivo, così come non vi è l’obbligo per l’azienda di ricollocare il dirigente in posizioni equivalenti. La giustificatezza del licenziamento nel caso del dirigente si sostanzia nell’escludere che le motivazioni sottostanti siano pretestuose o arbitrarie.
Secondo la sentenza la scelta di accorpare in capo all’amministratore delegato i compiti del direttore generale non è una motivazione arbitraria, né tanto meno pretestuosa, in quanto non serve sopprimere la posizione lavorativa per giustificare il licenziamento del dirigente, ma basta che la suddetta posizione venga accorpata in capo ad altri.
Sicuramente per giustificare il licenziamento di un dirigente occorrono ragioni organizzative meno forti di quelle di solito necessarie per giustificare il recesso di un altro dipendente, quindi da parte delle imprese c’è una maggiore discrezionalità nelle gestione del rapporto di lavoro con i propri dirigenti.

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