Da un articolo del “Sole 24 Ore”, la Corte di
Cassazione, con la sentenza n. 890 del 16 gennaio 2013, ha puntualizzato che il
licenziamento del dirigente è legittimo se l’azienda assegna la sua posizione
organizzativa ad un altro soggetto, in questo caso all’Amministratore delegato,
pur senza sopprimerla del tutto.
La sentenza è interessante in quanto, tra
l’altro, mette in evidenza la questione del parallelismo e dell’eventuale sovrapposizione delle funzioni e dei
ruoli dei dirigenti apicali con
quelli dei membri del consiglio
d’amministrazione.
Pur non entrando eccessivamente nel merito,
la decisione in commento presuppone che la funzione di massimo dirigente
apicale (Direttore Generale) possa essere effettivamente e legittimamente adempiuta
dall’Amministratore Delegato.
La cosa, evidentemente, è tanto più rilevante
in quanto, a differenza del D.G., l’A.D. non è un lavoratore dipendente
subordinato il cui rapporto con l’azienda non presuppone tutti i diritti, i
privilegi e le tutele tipiche di un contratto dirigenziale.
La Suprema Corte ha deciso relativamente ad
un procedimento, instaurato da un dirigente che dapprima era stato assunto come
direttore amministrativo, poi promosso a direttore generale e, infine, per un
breve periodo insignito della carica di amministratore delegato.
Allo scadere del mandato come amministratore
delegato, il dirigente era tornato alle mansioni di direttore generale, ma
immediatamente dopo era stato licenziato.
L’azienda aveva giustificato il provvedimento
espulsivo con la volontà di accorpare
la posizione lavorativa di direttore
generale con quella di amministratore delegato e di eliminare la prima.
Il dirigente impugnava il licenziamento in
quanto riteneva immotivata la decisione aziendale, ma la Cassazione rigettava
il ricorso, allineandosi con la decisione dei giudici di merito.
I Giudici ribadivano che il licenziamento del dirigente non
deve trovare fondamento in una giusta
causa o in un giustificato motivo,
così come non vi è l’obbligo per l’azienda di ricollocare il dirigente in
posizioni equivalenti. La giustificatezza del licenziamento nel caso del
dirigente si sostanzia nell’escludere che le motivazioni sottostanti siano
pretestuose o arbitrarie.
Secondo la sentenza la scelta di accorpare in capo all’amministratore
delegato i compiti del direttore generale non è una motivazione arbitraria, né tanto meno pretestuosa, in
quanto non serve sopprimere la posizione lavorativa per giustificare il
licenziamento del dirigente, ma basta che la suddetta posizione venga accorpata
in capo ad altri.
Sicuramente per giustificare il licenziamento
di un dirigente occorrono ragioni
organizzative meno forti di quelle di solito necessarie per giustificare il
recesso di un altro dipendente, quindi da parte delle imprese c’è una maggiore
discrezionalità nelle gestione del rapporto di lavoro con i propri dirigenti.
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