La Legge n. 92 del 28 Giugno 2012 (la Riforma Fornero) ha
introdotto numerose novità in materia di riforma del mercato del lavoro, tra
cui la modifica dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (L.n°300/1970).
Prima
della citata Riforma, in materia di licenziamenti esistevano sostanzialmente due differenti tipi di tutele: tutela reale e tutela obbligatoria, la
cui applicazione dipendeva dalle dimensioni occupazionali dell’azienda (più o
meno di 15 dipendenti).
Si applicava la tutela reale, che prevedeva il diritto alla
reintegrazione nel posto di lavoro nonché il diritto al risarcimento del danno
pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello
dell’effettiva reintegrazione, solo alle aziende che occupavano nello stesso
comune un numero di dipendenti superiori a quindici, o complessivamente nelle
varie unità produttive più di sessanta prestatori di lavoro.
Per gli altri datori di lavoro con dimensioni occupazionali
inferiori ai quindici dipendenti si applicava la tutela obbligatoria, che
prevedeva (in caso di licenziamento illegittimo) soltanto il diritto ad una
indennità risarcitoria fissata dal Giudice tra un minimo di due mensilità e
mezzo ed un massimo di sei mensilità.
Oggi lo scenario è radicalmente cambiato poiché la Riforma
Fornero ha introdotto importanti novità sia sotto il profilo sostanziale che
processuale anche se il vecchio criterio dimensionale dei quindici (o sessanta
dipendenti in più sedi) che fungeva da spartiacque tra le due tutele (reale o
obbligatoria) è rimasto pressoché invariato.
*
Oggi,
oltre alle dimensioni occupazionali del datore di lavoro, assumono rilevanza
anche i motivi del licenziamento e la maggiore o minore gravità dell’infondatezza
dei medesimi.
E’ stato modificato il regime sanzionatorio del licenziamento per motivi economici (già
giustificato motivo oggettivo), che d’ora innanzi potrà dar luogo alla
reintegrazione (con annesso regime risarcitorio, ma attenuato rispetto all’ipotesi
di tutela piena prevista per i licenziamenti discriminatori, e con continuità
del rapporto sul piano previdenziale) solo nell’ipotesi in cui il giudice
accerti “la manifesta insussistenza del fatto posto a base del
licenziamento”, mente in altre ipotesi il lavoratore ha diritto a una indennità risarcitoria onnicomprensiva
determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità
della retribuzione globale di fatto.
La
reintegrazione è invece sempre prevista per i casi in cui risulti
illegittimo il licenziamento adottato per superamento del periodo di comporto
per malattia o infortunio, ovvero per inidoneità fisica o psichica del
lavoratore.
Sempre sul piano sanzionatorio, è invece prevista una sanzione risarcitoria ulteriormente attenuata
(da sei a dodici mensilità) nel caso in cui il licenziamento sia dichiarato
inefficace per violazione degli obblighi procedurali previsti dall’art. 7 della
l. 604 come modificato dalla legge 92 (iter del preventivo tentativo di
conciliazione nel caso di licenziamenti per motivi economici), salvo che il
lavoratore non chieda al giudice di accertare il maggior vizio derivante
dall’assenza di giustificazione, nel qual caso si tornerà ad applicare il
regime (reintegrazione o risarcimento) sopra descritto.
Mentre nel precedente sistema esistevano solo due regimi di tutela (Reale ed
Obbligatoria), la Riforma Fornero ha novellato l’art. 18 Statuto dei Lavoratori
prevedendo quattro differenti tutele:
- Tutela Reintegratoria Piena (art. 18 comma 1 e 2):
Sancisce il diritto alla Reintegrazione nel posto di lavoro oltre il risarcimento del danno con una indennità commisurata
all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento
a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto eventualmente percepito,
nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.
In ogni caso l’indennità non potrà essere inferiore a cinque mensilità.
Tale tutela è prevista nei casi di licenziamenti dichiarati
illegittimi perché discriminatori,
licenziamenti intimati in concomitanza di
matrimonio, licenziamenti disposti in violazione delle norme a tutela della
maternità e della paternità, ovvero
perché riconducibili ad altri casi di nullità
previsti dalla legge, o per motivo
illecito ai sensi dell’art. 1345 c.c. Inoltre, si applica anche ai
licenziamenti dichiarati inefficaci perché intimati in forma orale.
Nei casi su menzionati, tale Tutela Reintegratoria Piena si
estende anche ai dirigenti e
prescinde dal numero dei dipendenti dell’azienda.
- Tutela Reintegratoria Attenuata (art. 18 comma 4 e 7):
Prevede il diritto alla Reintegrazione nel posto di lavoro oltre il risarcimento del danno con una indennità commisurata
all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento
a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto eventualmente percepito,
nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative,
nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca
di una nuova occupazione. In ogni caso l’indennità non potrà essere superiore a
dodici mensilità.
Tale tutela è prevista nei casi in cui il Giudice accerta
che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta
causa adottati dal datore di lavoro (licenziamento
disciplinare), per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il
fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa secondo
quanto previsto dai CCNL o dai codici disciplinari applicabili.
Il Giudice applica la medesima disciplina anche quando
accerta il difetto di giustificazione del Licenziamento
per motivi economici consistente nella inidoneità
fisica o psichica del lavoratore o per violazione dell’art. 2110 c.c.
relativamente al periodo di comporto.
Inoltre, può applicare tale tutela anche nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto
a fondamento del licenziamento.
- Tutela Obbligatoria (art. 18 comma 5 e 7):
Essa non rimuove gli effetti del licenziamento poiché non prevede la reintegra, ma
attribuisce solo il diritto al pagamento di una indennità risarcitoria tra dodici
e ventiquattro mensilità della retribuzione globale di fatto, da valutarsi
da parte del giudice in relazione ad alcuni criteri indicati dalla legge
(anzianità lavorativa, numero dei dipendenti occupati in azienda, dimensioni
dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti).
Essendo confermata la cessazione del rapporto di lavoro non
è prevista alcuna tutela previdenziale (in questo caso, a differenza di quella
in cui opera la reintegrazione, il lavoratore avrà però diritto a conservare i
benefici di reddito e copertura contributiva collegati all’indennità di
disoccupazione; egualmente, rimarranno fermi i pagamenti del preavviso e del
TFR, quali conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro).
Questa tutela si applica nelle ipotesi di Licenziamento per motivi economici in
cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo e della giusta
causa adottati dal datore di lavoro, nonché nelle altre ipotesi in cui non
ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo (licenziamento disciplinare) ipotesi diverse da quelle del comma 4
che prevede l’insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra
tra le condotte punibili con una sanzione conservativa. Ciò ad esempio può
accadere quando il fatto contestato o il motivo indicato sussiste ma non
giustifica il licenziamento.
- Tutela Obbligatoria Ridotta (art. 18 comma 6):
La tutela obbligatoria “ridotta”, prevista dal 6° comma, consiste
in un’indennità risarcitoria
variabile tra sei e dodici mensilità
della retribuzione globale di fatto, da valutarsi da parte del giudice in
relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal
datore di lavoro.
Tale tutela può sanzionare ipotesi residuali del vizio
formale di carenza di motivazione e quelli di inosservanza degli obblighi
procedurali previsti per il Licenziamento disciplinare e per il Licenziamento
per motivi economici.
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Nei casi di licenziamenti illegittimi intimati da un datore
di lavoro con meno di quindici
dipendenti resta invariata la vecchia
Tutela Obbligatoria che prevede un’indennità compresa tra due mensilità e mezzo e sei mensilità, fatte
salve le ipotesi di cui al primo comma dell’art. 18 (ad esempio i licenziamenti
discriminatori o quelli fatti in forma orale).
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