Studio Legale Silva

giovedì 10 gennaio 2013

I licenziamenti Individuali: le Tutele e le Sanzioni della Riforma Fornero



La Legge n. 92 del 28 Giugno 2012 (la Riforma Fornero) ha introdotto numerose novità in materia di riforma del mercato del lavoro, tra cui la modifica dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (L.n°300/1970).
Prima della citata Riforma, in materia di licenziamenti esistevano sostanzialmente due differenti tipi di tutele: tutela reale e tutela obbligatoria, la cui applicazione dipendeva dalle dimensioni occupazionali dell’azienda (più o meno di 15 dipendenti).
Si applicava la tutela reale, che prevedeva il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro nonché il diritto al risarcimento del danno pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, solo alle aziende che occupavano nello stesso comune un numero di dipendenti superiori a quindici, o complessivamente nelle varie unità produttive più di sessanta prestatori di lavoro.
Per gli altri datori di lavoro con dimensioni occupazionali inferiori ai quindici dipendenti si applicava la tutela obbligatoria, che prevedeva (in caso di licenziamento illegittimo) soltanto il diritto ad una indennità risarcitoria fissata dal Giudice tra un minimo di due mensilità e mezzo ed un massimo di sei mensilità.
Oggi lo scenario è radicalmente cambiato poiché la Riforma Fornero ha introdotto importanti novità sia sotto il profilo sostanziale che processuale anche se il vecchio criterio dimensionale dei quindici (o sessanta dipendenti in più sedi) che fungeva da spartiacque tra le due tutele (reale o obbligatoria) è rimasto pressoché invariato.
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Oggi, oltre alle dimensioni occupazionali del datore di lavoro, assumono rilevanza anche i motivi del licenziamento e la maggiore o minore gravità dell’infondatezza dei medesimi.
E’ stato modificato il regime sanzionatorio del licenziamento per motivi economici (già giustificato motivo oggettivo), che d’ora innanzi potrà dar luogo alla reintegrazione (con annesso regime risarcitorio, ma attenuato rispetto all’ipotesi di tutela piena prevista per i licenziamenti discriminatori, e con continuità del rapporto sul piano previdenziale) solo nell’ipotesi in cui il giudice accerti “la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento”, mente in altre ipotesi il lavoratore ha diritto a una indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità della retribuzione globale di fatto.
La reintegrazione è invece sempre prevista per i casi in cui risulti illegittimo il licenziamento adottato per superamento del periodo di comporto per malattia o infortunio, ovvero per inidoneità fisica o psichica del lavoratore.
Sempre sul piano sanzionatorio, è invece prevista una sanzione risarcitoria ulteriormente attenuata (da sei a dodici mensilità) nel caso in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione degli obblighi procedurali previsti dall’art. 7 della l. 604 come modificato dalla legge 92 (iter del preventivo tentativo di conciliazione nel caso di licenziamenti per motivi economici), salvo che il lavoratore non chieda al giudice di accertare il maggior vizio derivante dall’assenza di giustificazione, nel qual caso si tornerà ad applicare il regime (reintegrazione o risarcimento) sopra descritto.
Mentre nel precedente sistema esistevano solo due regimi di tutela (Reale ed Obbligatoria), la Riforma Fornero ha novellato l’art. 18 Statuto dei Lavoratori prevedendo quattro differenti tutele:

- Tutela Reintegratoria Piena (art. 18 comma 1 e 2):
Sancisce il diritto alla Reintegrazione nel posto di lavoro oltre il risarcimento del danno con una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto eventualmente percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso l’indennità non potrà essere inferiore a cinque mensilità.
Tale tutela è prevista nei casi di licenziamenti dichiarati illegittimi perché discriminatori, licenziamenti intimati in concomitanza di matrimonio, licenziamenti disposti in violazione delle norme a tutela della maternità e della paternità, ovvero perché riconducibili ad altri casi di nullità previsti dalla legge, o per motivo illecito ai sensi dell’art. 1345 c.c. Inoltre, si applica anche ai licenziamenti dichiarati inefficaci perché intimati in forma orale.
Nei casi su menzionati, tale Tutela Reintegratoria Piena si estende anche ai dirigenti e prescinde dal numero dei dipendenti dell’azienda.

- Tutela Reintegratoria Attenuata (art. 18 comma 4 e 7):
Prevede il diritto alla Reintegrazione nel posto di lavoro oltre il risarcimento del danno con una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto eventualmente percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso l’indennità non potrà essere superiore a dodici mensilità.
Tale tutela è prevista nei casi in cui il Giudice accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa adottati dal datore di lavoro (licenziamento disciplinare), per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa secondo quanto previsto dai CCNL o dai codici disciplinari applicabili.
Il Giudice applica la medesima disciplina anche quando accerta il difetto di giustificazione del Licenziamento per motivi economici consistente nella inidoneità fisica o psichica del lavoratore o per violazione dell’art. 2110 c.c. relativamente al periodo di comporto. Inoltre, può applicare tale tutela anche nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento.

- Tutela Obbligatoria (art. 18 comma 5 e 7):
Essa non rimuove gli effetti del licenziamento poiché non prevede la reintegra, ma attribuisce solo il diritto al pagamento di una indennità risarcitoria tra dodici e ventiquattro mensilità della retribuzione globale di fatto, da valutarsi da parte del giudice in relazione ad alcuni criteri indicati dalla legge (anzianità lavorativa, numero dei dipendenti occupati in azienda, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti).
Essendo confermata la cessazione del rapporto di lavoro non è prevista alcuna tutela previdenziale (in questo caso, a differenza di quella in cui opera la reintegrazione, il lavoratore avrà però diritto a conservare i benefici di reddito e copertura contributiva collegati all’indennità di disoccupazione; egualmente, rimarranno fermi i pagamenti del preavviso e del TFR, quali conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro).
Questa tutela si applica nelle ipotesi di Licenziamento per motivi economici in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo e della giusta causa adottati dal datore di lavoro, nonché nelle altre ipotesi in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo (licenziamento disciplinare) ipotesi diverse da quelle del comma 4 che prevede l’insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa. Ciò ad esempio può accadere quando il fatto contestato o il motivo indicato sussiste ma non giustifica il licenziamento.

- Tutela Obbligatoria Ridotta (art. 18 comma 6):
La tutela obbligatoria “ridotta”, prevista dal 6° comma, consiste in un’indennità risarcitoria variabile tra sei e dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, da valutarsi da parte del giudice in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro.
Tale tutela può sanzionare ipotesi residuali del vizio formale di carenza di motivazione e quelli di inosservanza degli obblighi procedurali previsti per il Licenziamento disciplinare e per il Licenziamento per motivi economici.
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Nei casi di licenziamenti illegittimi intimati da un datore di lavoro con meno di quindici dipendenti resta invariata la vecchia Tutela Obbligatoria che prevede un’indennità compresa tra due mensilità e mezzo e sei mensilità, fatte salve le ipotesi di cui al primo comma dell’art. 18 (ad esempio i licenziamenti discriminatori o quelli fatti in forma orale).

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