Studio Legale Silva

lunedì 22 ottobre 2012

Il no del lavoratore al cambio di orario non giustifica il licenziamento

Il licenziamento del dipendente part-time non sorretto da giustificato motivo oggettivo ma adottato solo in ragione del rifiuto del lavoratore di modificare l’orario di lavoro è illegittimo.
Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 14833/12.
Il caso. Un lavoratore part-time alle dipendenze di una società veniva licenziato e impugnava il licenziamento. Il Tribunale di Verbania, prima, e la Corte d’appello di Torino, poi, accoglievano la domanda, annullando il licenziamento per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo oggettivo e ordinando la reintegrazione del lavoratore nel proprio posto oltre al pagamento da parte della società delle retribuzioni non corrisposte dal giorno del licenziamento. La Corte territoriale rilevava, poi, che il licenziamento era stato adottato perché il lavoratore, assunto part-time, si era rifiutato di modificare l’orario di lavoro. La società, respinto l’appello proposto, ricorreva per cassazione.
Secondo la società ricorrente l’atto introduttivo del giudizio non le sarebbe stato correttamente notificato, dato che gli ufficiali giudiziari lo avrebbero recapitato ad un indirizzo errato e nelle mani di una persona estranea alla società, impedendo così la tempestiva costituzione in giudizio. La Cassazione, disattendendo l’argomentazione della ricorrente, conferma la correttezza della decisione di secondo grado sul punto. Infatti, la ricorrette avrebbe dovuto – ma non la ha fatto – proporre querela di falso posto che gli atti compiuti dagli ufficiali giudiziari sono riconducibili alla disciplina dell’art. 2700 c.c.. La ricorrente sostiene, inoltre, la legittimità del licenziamento, adottato per giustificato motivo oggettivo costituito da ragioni inerenti l’attività produttiva. La Suprema Corte respinge il ricorso anche sotto tale profilo, confermando che, in base alle risultanza documentali prodotte nel giudizio di merito, il licenziamento risulta in effetti adottato perché il lavoratore si era rifiutato di modificare l’orario di lavoro. Ancora, il giudice di legittimità rigetta il motivo di ricorso riguardante la falsa applicazione dell’art. 18, l. n. 300/70, essendo inoltre stata applicata la tutela reale in luogo di quella obbligatoria. La sentenza in commento ricorda chiaramente che l’onere di provare l’esistenza del requisito occupazionale, circostanza che impedirebbe l’applicazione dell’art. 18 dello Statuto del lavoratori, grava sul datore di lavoro. Nel caso concreto, alla società ricorrente - contumace in primo grado – è stato correttamente precluso in sede d’appello fornire la prova della sussistenza del requisito dimensionale. Per questi motivi la Cassazione, con una decisione del tutto in linea con quanto stabilito nel giudizio di merito, respinge il ricorso addebitando le spese alla società soccombente.

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