La
disciplina del contratto a progetto è stata introdotta dal D. Lgs. 276/03 (che impropriamente è stata chiamata "Legge
Biagi").
Come
è noto, questa tipologia di rapporto riguarda una moltitudine di lavoratori,
solitamente inseriti di fatto nell'organizzazione aziendale ma senza essere lavoratori subordinati.
A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n°276/2003 la legge ha stabilito che
questi lavoratori vengano definiti lavoratori a progetto: infatti, ciò che caratterizza
questo tipo di rapporto è l'esistenza di uno specifico progetto assegnato al
collaboratore con il compito di realizzarlo.
Il
rapporto lavorativo, a differenza di quello subordinato, è gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato,
nel rispetto del coordinamento con l'organizzazione del committente e
indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività.
Quanto
si è detto non trova applicazione nei confronti delle prestazioni occasionali, né
trova applicazione nei confronti delle professioni intellettuali per le quali è
richiesta la relativa iscrizione all’albo (commercialisti, avvocati, etc.). Su
questo aspetto la normativa prevede che tale esclusione riguardi le sole
collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia
riconducibile alle attività professionali per l’esercizio delle quali
l’iscrizione in appositi albi è necessaria per lo svolgimento dell’attività. Al
contrario, la generica iscrizione ad un albo professionale da parte del
collaboratore non è di per sé idonea all’esclusione del rapporto dal campo di
applicazione della disciplina relativa al contratto a progetto.
Il
contratto deve essere stipulato in forma
scritta e, ai fini della prova, deve contenere: l'indicazione della durata
(determinata o determinabile) della prestazione, la descrizione del progetto
con indicazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato che si
intende conseguire, il corrispettivo e i criteri della sua individuazione
(tempi e modalità di pagamento), le forme di coordinamento del lavoratore a
progetto al committente sulla esecuzione della prestazione lavorativa, nonché
eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore.
I
contratti di lavoro a progetto terminano e si concludono al momento della
realizzazione del progetto che ne costituisce l'oggetto.
Peraltro,
per effetto della L.n°92/2012, le
parti possono recedere anticipatamente solo per giusta causa. La riforma
precisa, altresì, che:
- il committente possa recedere quando siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto:
- il collaboratore possa recedere, dandone preavviso, quando tale facoltà sia prevista dal contratto individuale di lavoro.
Il compenso
corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità
e qualità del lavoro eseguito. La L.n°92/2012 ha modificato anche questo
aspetto della normativa: mentre, infatti, in precedenza, il compenso doveva
tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di
lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto, dal 18/07/2012 in poi,
esso non potrà essere inferiore ai
minimi stabiliti dalla contrattazione collettiva in modo specifico per
ciascun settore di attività e, in ogni caso, sulla base dei minimi salariali
applicati nel settore nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte
dai lavoratori subordinati. Lo stesso legislatore precisa che, in assenza di
specifica contrattazione collettiva, il compenso del lavoratore a progetto non
potrà essere inferiore alle retribuzioni applicate a figure professionali
affini.
In
caso di gravidanza, di malattia e di
infortunio del collaboratore, il rapporto di lavoro risulta sospeso, senza
erogazione del corrispettivo. Solo nel primo caso la durata del rapporto è
prorogata (per un periodo di 180 giorni), mentre, negli altri due casi, non
solo il contratto non è prorogabile, ma il committente può comunque recedervi
se la sospensione si protrae per più di un sesto della durata stabilita dal
contratto, oppure superiore a trenta giorni per i contratti a durata
determinabile. Il collaboratore a progetto, salvo diverso accordo tra le parti,
può svolgere la sua attività a favore di
più committenti, non in concorrenza tra loro. Inoltre, il collaboratore non
può diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla
organizzazione, nonché compiere atti in pregiudizio della attività dei
committenti medesimi.
Ciò che caratterizza il
lavoro a progetto è proprio la sua riconducibilità ad uno specifico progetto.
Se, nella realtà di fatto il progetto non dovesse affatto esistere o non sia
sufficientemente specifico, le conseguenze sono molto gravi. L’art. 69, 1°
comma, del D.Lgs. 276/2003 prevede che, sia in caso di assenza del progetto sia
in caso di loro formulazione generica, la conseguenza, che dovrà essere
dichiarata dal Giudice del Lavoro, è la
conversione del rapporto in un ordinario rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato sin dalla data di stipulazione del contratto.
Se il contratto a progetto, come spesso accade, in
realtà maschera un rapporto di lavoro subordinato si verificano, anche in
questo, caso
gravi conseguenze per l'azienda.
Ogni
volta che le concrete modalità di svolgimento di un rapporto formalmente a
progetto sono riconducibili al lavoro subordinato, il lavoratore ha diritto,
nel corso o alla fine del rapporto di lavoro, di richiedere l’accertamento
giudiziale dell’effettiva natura del rapporto stesso.
A
fronte di una simile richiesta il Giudice del Lavoro, non essendo per nulla
vincolato dal contenuto letterale dell’accordo, può e deve esaminare quali siano
state, in concreto, le modalità di svolgimento del rapporto lavorativo e se,
nel caso di specie, sussistano gli
indici della subordinazione elaborati dalla giurisprudenza (inserimento
organico nella struttura imprenditoriale, assoggettamento del lavoratore al
potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, obbligo di rispettare un
orario di lavoro, obbligo di concordare permessi e ferie, ecc.).
Nel
caso in cui il Giudice accerti che il rapporto, anche se qualificato come Co.Co.Pro.,
ha in realtà natura subordinata, lo dichiarerà tale. Il lavoratore potrà quindi
rivendicare tutti i diritti conseguenti sia di natura retributiva sia di natura
contributiva ed il risarcimento del danno.